Archive for aprile 2012

Nell’Italia del bitume sorgerà la speranza? (seconda parte)

Citavo il cortometraggio di Friedrich Bach, “L’uomo che piantava gli alberi”, tratto da un racconto di Jean Giono (1953), che nel 1987 ha vinto il premio Oscar come migliore “short film” (cortometraggio). In questa seconda parte non parlerò ovviamente in maniera critico-interpretativa del cortometraggio, tralascerò la dimensione estetica (intesa in termini di fruizione estetica con le problematiche connesse) ma di alcuni aspetti contenutistici (che comunque non potrebbero a rigore essere presi indipendentemente da un discorso “estetico”).

Il protagonista è un uomo segnato dal destino che si rifugia in una zona assai arida ai piedi delle Alpi francesi che si incunea nella Provenza, un’area senza vegetazione, con pochi villaggi diroccati e quasi del tutto abbandonati. Un vento forte segno di solitudine accompagna quest’uomo che, morta la moglie e il suo unico figlio, si rifugia in queste terre portando le gregge al pascolo. Il narratore “interno” (intradiegetico) incontra quest’uomo e si fa dare dell’acqua e ne narra la storia, come narratore onniscente (interno alla vicenda e in un qualche modo testimone di una storia molto toccante che dimostra di conoscere assai bene).

Quest’uomo pianta querce, seleziona le ghiande in grandi quantità e le colloca profondamente nel terreno affinchè gli animali non le mangino o perchè per una sorta di selezione naturale solo una piccola percentuale di esse attecchirà diventando una quercia. Il cortometraggio si presenta come film animato e rende assai bene il clima di desolazione di questa contrada fuori mano, abbandonata, e popolata da vecchi inaciditi che si fanno guerra tra loro e vivono di trappole.

Un eremita o un uomo che nella cura di queste piantine trova una ragione di speranza? un uomo che il narratore incontra più volte ma assai taciturno, un uomo che non ha bisogno e non vuole parlare, le parole sono forse quelle del vento? Una solitudine gridata? o il fruscio di una fronda di quercia che molto può comunicarci? Non lo sappiamo, il gioco è assai sottile, forse nella frenesia di città infinite che si fondono tra loro mangiandosi la campagna intorno, fa da riflesso questo paesaggio assai spoglio, giallo, e con un sole cocente che lascia asciutti ruscelli e rende l’acqua un bene assai raro e prezioso. (Un pò come il “The Waste Land” di S.Eliot)

Col tempo nasce una foresta rigogliosa di querce, la natura fa il resto, torna l’acqua e tornano gli animali, i ruscelli si ingrossano e i colori si fanno molto accesi….fino a quando non scoppia la Prima Guerra mondiale. Si comincia a tagliare parti cospicue di foresta, c’è bisogno di legname, per la flotta (anche se la Grande Guerra fu una guerra di frontiera, prevalentemente) e per altri usi, più o meno legati agli eventi bellici. La foresta rigogliosa viene però risparmiata, è troppo fuori mano, è una regione lussureggiante e tale rimane….

Il narratore dopo la guerra torna in quelle terre, vuole ritrovare il pastore piantatore di querce….percorre in lungo e in largo quella regione, ma di lui nessuna traccia…lo ritrova un pò di tempo dopo intento a piantare…è ancora vivo…

Scoppierà anche la Seconda Guerra mondiale, ma la foresta sopravvive e così anche il nostro amico piantatore…nel frattempo questa foresta sempre più lussureggiante e imponente viene messa sotto tutela dello stato e oltre agli animali tornano anche gli uomini che ripopolano i villaggi, da poche centinaia a più di diecimila, gente non più infelice e imbarbarita, ma desiderosa di proteggere la foresta e gestendola oculatamente farne la propria ricchezza; turismo naturalistico, ma anche altre attività ecocompatibili.

Una terra che rinasce grazie alla tenacia di un “piantatore” di querce, simbolo di una riscossa, ritorno di animali e uomini insieme? Tante volte ho sostenuto la necessità di considerare l’ambiente in chiave “olistica” ovvero tenendo presente ogni aspetto e non isolandoli come fa la scienza per motivi funzionali. Tra l’altro la scienza stessa non è così “isolazionista”, costruisce modelli che funzionano dicendo che sono solo modelli.

Noi rimaniamo al “verbo fenomenologico” e consideriamo quel “tutto” che per tanto tempo le politiche sociali hanno spesso frainteso così come oggi che, in tempo di crisi si vuole svendere i nostri tesori artistico-ambientali (qualcuno vorrebbe). Se c’è una legge divina questa è forse la non “commerciabilità” di un bene simbolico, le voci del fiume e in questo cortometraggio dedicato per lo più alla foresta c’è un torrente che s’ingrossa, il clima grazie alla copertura forestale cambia e dalla desolazione un tripudio di colori!

L’Italia è un paese unico, spesso ho parlato delle nostre forsete in costante crescita ma per lo più giovani; secondo uno studio commissionato dall’Istituto Ispra 9 milioni di ettari del nostro territorio nazionale sono dedicati a bosco, più un altro1,4 milioni di bosco a bassa densità per più di un terzo del territorio nazionale. Questo il lato buono che ha cambiato la tendenza in atto nei nostri boschi fino a metà anni ’80, un impoverimento progressivo…

Manca però la speranza, quella speranza di vedere un futuro diverso…la crisi fa pensare che ambiente e territorio sono un lusso che non possiamo permetterci…così però non è, se andiamo a vedere le risorse dedicate ai Parchi e i soldi a disposizione del Ministero dell’Ambiente, ci rendiamo conto che si tratta di cifre irrisorie. Per costruire come vuole la nostra regione in termini di autostrade e per la realizzazione dello stesso Masterplan di Malpensa ci vorrebbero ingenti risorse di denaro pubblico portando via ciò che non si può più riottenere, territorio agricolo pregiato e nel caso ultimo la nostra brughiera del Gaggio, con il rischio che ad arricchirsi saranno sempre in pochi.

Lavoro contro ambiente? Il liberismo vecchia maniera, sconfitto il concetto di “comunismo rivoluzionario” trova nell’ecosostenibilità un avversario, più debole però, perchè di fronte alla disoccupazione pochi possono permettersi il lusso di città belle, di campagne verdeggianti ecc. Di fatto però la “green economy” ci insegna il contrario, dobbiamo mangiare (metaforicamente) ma facciamolo nel rispetto di noi stessi e delle generazioni future. Non dirò del perchè il rispetto dell’ambiente può portare “introiti”, (lo sappiamo ma facciamo finta di non saperlo), dirò solo che se una comunità è in crisi, essa non potrà nè dovrà svendersi.

C’è chi dice “a cosa serve la filosofia?” e molti rispondono dicendo che aiuta a ragionare o ancora (sempre a ragione) a vedere al di là di dati ed empirie restrittive aiutando la democrazia. Così la dimensione estetica, non esercizio ebete, ma condizione dello spirito, atto democratico e soprattutto etico, tutti abbiamo il diritto ad un ambiente sano e tutte le creature il diritto a continuare ad esistere sul nostro pianeta.

Da queste idee, proste come stimolo alla riflessione, un messaggio mi pare urgente e che emerge assai più chiaramente da un cortometraggio di 40 minuti, che da un trattato di filosofia o sociologia. Se l’etica è il nostro riferimento ideale l’Italia può rinascere e la stessa edilizia riconvertirsi (come nel Nord Europa) nella ricostruzione di intere città attraverso il cosiddetto modello di “città ecologica”. E nel nostro paese proseguire nel lavoro del FAI, riqualificare ambienti che saranno un domani fruibili per tutti.

Per concludere una riflessione: quell’uomo, il protagonista del film morì anziano in un ospizio ma fece rinascere una comunità. Pensiamo a comunità degradate, soggette ad una mentalità mafiosa, a comunità dove vige l’illegalità e dove il lavoro è per molti un lusso, qui anche il bello è deturpato, case dappertutto, dissesto idrogeologico…il bello come il lavoro, un lusso (pensiamo alla nostra bellissima Bassa Italia e ad alcune zone completamente trasformate dall’abusivismo edilizio e dall’incuria). Marx stesso, (e qui il riferimento può essere ad alcuni approcci di una certa sinistra che soprattutto un tempo si rivelava ben poco ambientalista), sottolineava l’importanza del lavoro come servizio sociale, spiritualizzato e che lasciasse tempo per la creatività individuale. Forse anche per il bello? Noi pensiamo di sì, il lavoro è il primo step e va inteso in maniera tale da consentire il resto, altrimenti può essere solo uno slogan o un abbaglio per i molti che vogliono pagare per i pochi.

Volevo concludere, ma un’ulteriore riflessione mi sovviene: qualcuno sa forse che la Sicilia potrebbe vivere di solo turismo, artistico e ambientale? Non è questo lavoro?

Tempo di elezioni, tempo di domande

Si svolgeranno i prossimi 6 e 7 Maggio 2012 le elezioni amministrative per il rinnovo dei Sindaci e dei Consigli Comunali. Nella nostra zona, o meglio nelle immediate vicinanze di Via Gaggio, ci sono due paesi che andranno al rinnovo del Sindaco e del Consiglio Comunale: Ferno e Cardano al Campo.

Il primo è uno dei tre Comuni di sedime, cioè quei Comuni che hanno una parte del loro territorio all’interno del sedime aeroportuale. Il secondo Comune invece è amministrato da Mario Aspesi, attuale Presidente di ANCAI (Associazione Nazionale dei Comuni Aeroportuali).

Siccome la campagna elettorale sta entrando nel vivo, anche noi come Comitato vogliamo fare la nostra parte, interrogando i Candidati Sindaci sul tema a noi caro: Malpensa, il suo futuro e la sua convivenza con il territorio.

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Presidente Galli, ma che dice?

Tenevevi un caffè a portata di mano, perché il post è da sbadiglio. Si parla di partiti e delle loro polemiche. L’oggetto – o la vittima – è il Parco del Ticino, l’Ente. Si parte dalle dichiarazioni del Presidente della Provincia di Varese Galli (Lega Nord): “Serve un rappresentante di Varese” [LEGGI]. Apriti cielo. A stretto giro di posta, arriva la risposta di Lara Comi, segretario provinciale PdL. Lara Comi ricorda al Presidente Galli che fu proprio quest’ultimo a determinare l’assenza di un varesino, quando nominò come rappresentante di Varese un uomo del suo partito (Fabrizio Fracassi), ma residente a Pavia. Urca. Secondo quanto ricorda Lara Comi, emerge che la provincia di Varese per ordine di partito abbia deciso di rinunciare al proprio rappresentante per far eleggere un assessore di Pavia in quota al partito del Presidente Galli. La perdita del componente della provincia di Varese per il Comitato di gestione è solo colpa sua  e ora non può lamentarsi.

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Nell’Italia del bitume “forse” germoglia la speranza…(prima parte)

L’Italia un paese al bivio come Via Gaggio? Noi sappiamo come le battaglie a volte possano prendere una piega diversa e condurre ad una vittoria piena anche se mai definitiva (non essendo definitivo il corso della nostra storia…).

Prima però di entrare nel merito di un’Italia paese primato di eccellenze e malcostume dilagante un’osservazione; la “green economy” o economia verde è per molti paesi un processo già in corso, un’economia basata sull’uso delle rinnovabili e su una diversa valutazione del capitale ambientale. Certo avete capito bene: capitale!

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“Morte tua, vita mia”, il lavoro a Malpensa (e altrove)

«Pienamente d’accordo con voi… l’importante è che se ne parli e che alla fine vinca il buon senso. Perchè un aeroporto può anche essere un’occasione per la nazione e la gente (per quel che riguarda me, mi da anche un lavoro) ma se verrà ampliato senza essere nemmeno supportato da cifre logiche farà sparire un ecositema. Il che è una tortura» (Alessandro, 12/04/2012)

Messaggi come quello che Alessandro riempiono il cuore. Non è certo il primo di questo genere, ma la gioia è sempre grande.

Alessandro è uno dei tanti lavoratori di Malpensa (e indotto) che non si fa infinocchiare da chi vigliaccamente e in malafede addita il Comitato VivaViaGaggio come il nemico di chi “grazie all’aeroporto porta a casa il pane quotidiano”. Il Comitato VivaViaGaggio non leva il pane di bocca a nessuno e Alessandro lo ha capito bene. Chi è libero da pregiudizi lo comprende facilmente. Comprende facilmente, ad esempio, che il numero di personale impiegato in un aeroporto non è certo direttamente proporzionale al numero di piste o agli ettari del suo sedime, tanto per offrire uno spunto di riflessione.

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STERPAGLIE

ape su tasso barbasso

Se una mattina d’estate percorendo l’autostrada Malpensa – Boffalora  vi venisse la tentazione di uscire al cartello che indica Lonate Pozzolo – S. Antonino e proseguite in direzione Castano Primo  vi trovereste dopo poche centinaia di metri là dove inizia il canale che porta le acque redisue del Torrente Arno nei grandi vasconi di raccolta costruiti da pochi anni dentro quello che è stato il Campo di Aviazione di Lonate Pozzolo.

podalirio 2Fermate l’auto sulla destra, respirate, dimenticate tutti gli appuntamenti e spegnete il cellulare, allora davanti a voi apparirà un paesaggio inaspettato e insospettabile, certo aspro, non percorribile con i tacchi a spillo ma assolutamente affascinante.

Torri di tasso barbasso, distese di erigeron acer ed erba viperina e su questi fiori una miriade di api, farfalle, anastragalia sanguinolentainsetti: un mondo pulsante che ignora  ed è ignorato dalle migliaia di autovetture e camion che sfrecciano a poche decine di metri di distanza.

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Viva Via Gaggio su Radio Popolare

Buongiorno! Notiziola, notiziona, al volo: questa mattina alle 9.45 Radio Popolare trasmette uno speciale su Malpensa. VivaViaGaggio… presente. Riascolta ora!

Se non l’aveste ancora fatto, date un’occhiata al nostro comunicato stampa, successivo alle audizioni milanesi e alla dichiarazioni di Sea-Malpensa, riguardo alla terza pista, che…adesso-non-si-ma-domani-chissà.

Alleghiamo anche un articolo tratto da Il Fatto Quotidiano. [LEGGI]

Lilli ha sognato in via Gaggio

Vaifra "Lilli" Pesaro, Walter Girardi e Sara Magnoli (Foto: Giuseppe Carraro)

Fuori, l’acquazzone; dentro, Lilli. E Sara. E VivaViaGaggio. Purtroppo non c’è stato nulla da fare la visita in brughiera; la presentazione de “Il Sogno di Lilli” (con la successiva degustazione di prodotti tipici), invece, ha avuto luogo. Un’iniziativa insolita per noi di VivaViaGaggio, ma insolita fino a un certo punto: da sempre affermiamo che la nostra battaglia è di civiltà, prima ancora che ambientale o chissà cos’altro. Ecco perché un’iniziativa culturale, la presentazione di un libro, ci trova a nostro agio. E trova a loro agio anche gli amici gaggionauti.

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A Cesare quel che è di Cesare

“Date a Cesare quel che è di Cesare”. Scusate, amici gaggionauti, se prendiamo in prestito la citazione, ma in questo ultimo mese, anzi più precisamente dal 21 di Marzo, abbiamo assisitito ad uno stravolgimento dei fatti e della verità, che ci ha lasciati con l’amaro in bocca.

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L’audizione milanese di VivaViaGaggio a Palazzo Marino

Titoloni di ieri: “la terza pista di Malpensa non si fa”. Con il fardello dei “se” e dei “ma“. Tutte le nostre perplessità a seguito dell’audizione di mercoledì 11 Aprile 2012 a Palazzo Marino sono contenute nel Comunicato stampa di Walter Girardi. Sì, perché SEA in sostanza dice adesso-no-poi-chissà: la terza pista tornerà per Sea d’attualità, non appena i livelli di traffico saranno adeguati (24 milioni di passeggeri). Raggiungiamo questo obiettivo senza terza pista? L’ipotesi non è presa in considerazione. Il limite che il territorio può sostenere? E che cos’è il territorio?!?

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